Rosso animale
Gli esseri umani hanno sempre avuto un rapporto speciale con il rosso. Durante il Medioevo l’importanza del colore rosso non si limitava alla sua affinità con la natura ma era apprezzato anche perché raro.
I tintori medievali, abili e preparati, riuscivano a produrre molti colori ma un rosso duraturo era molto difficile da ottenere; infatti, una stoffa tinta di rosso costava dieci volte di più di una colorata con l’azzurro.
La scoperta dell’America aprì le porte a un mondo pieno di ricchezze sconosciute per l’Europa del tempo. Una di loro era la cocciniglia, un piccolo insetto che abbondava sui cactus messicani. Gli spagnoli si riferivano a essa come una delle merci principali importate dal Nuovo mondo, nota come grana o grana cochinilla, la più preziosa dopo l’oro e l’argento. Fino a quel momento il colorante rosso utilizzato in Europa si ricavava dalle radici di robbia (Rubia tinctorum), ma il colore così ottenuto tendeva spesso a scolorire. La cocciniglia era usata come sostanza colorante per la lana e per la seta dagli indigeni del Messico anche prima della scoperta dell’America e, dal 1570, anche l’Europa si convertì all’uso della cocciniglia poiché mostrava un rosso più ricco e duraturo, sebbene queste tinture fossero più costose e ricercate.
Esistono varie specie di cocciniglie che misurano pochi millimetri e, poiché sono strettamente monofaghe, possono essere identificate in base alla specie vegetale su cui vivono. Si tratta di insetti emitteri che si nutrono di linfa perforando la superficie vegetale con un rostro; generalmente preferiscono conifere e succulente e si sviluppano in zone della pianta in cui filtra poca luce, poca umidità e dove c’è poca ventilazione (foglie, fusti giovani e radici). In passato si credeva che le escrescenze formate dalle cocciniglie fossero delle bacche prodotte dalla pianta: «coteste cocciniglie sono escrementi, parti, tuberosità, bitorzoli e galle delle radici, sulle quali stanno» (Targioni Tozzetti, 1867).
Grazie a ghiandole diffuse nel corpo dell’animale, la cocciniglia secerne un liquido molto denso e intensamente colorato che usa come involucro per proteggersi dai predatori: in molti casi si tratta di cera pulverulenta o emessa in fili esilissimi reciprocamente intrecciati, in altri la cera secreta si modella in placche o in scudi, in altri ancora la sostanza è una lacca. Questa sostanza raggiunge la massima concentrazione nelle femmine poco prima della deposizione delle uova; in questa fase del ciclo vitale i corpi posso essere schiacciati e resi polvere, così da poter estrarre completamente tutto il colore. L’estrazione si esegue tramite soluzioni acquose contenenti allume di potassio, che permettono di ricavare un colorante che varia dai toni dell’arancio al rosso carminio. Un ettaro di terreno coltivato a cactus produce all’anno circa 300 kg di cocciniglie, equivalenti a 2 kg di colorante (circa 200mila insetti).
In particolare, il rosso carminio in forma di acido carminico si ottiene dai corpi essiccati delle femmine di Dactylopius coccus allevate nelle piantagioni di cactus (Nopalea cochenillifera) dell’America centrale e meridionale. Il suo utilizzo è da far risalire all’arte pittorica della cultura Inca (XIII-XVI sec.).
In Europa, sin dalla prima metà del XIX secolo erano note le modalità di allevamento delle cocciniglie originarie del Messico e dell’Honduras: grana sylvestra e grana fina (Thouin et al., 1830). Quest’ultima era ritenuta una varietà “perfezionata” della prima poiché più grande e più resistente alle intemperie grazie al suo rivestimento più fitto, assicurando così un raccolto più abbondante. Tuttavia l’allevamento della grana sylvestra era da preferirsi poiché dava un colorante più tenace e le raccolte potevano effettuarsi durante tutto l’anno, infatti era considerata: «per lo coltivatore una risorta, un’indennizzazione, ed è poi d’altronde essenzialmente utile ed anzi necessaria alle manifatture dell’Europa, che l’adopera per la grande e buona tintura» (Thouin et al., 1830).
Coordinate del colore carminio
La lacca di Kermes, o kermes lake, si ottiene invece dalla specie Kermes vermilio che vive su una particolare specie di leccio (Quercus coccifera) diffusa nel sud della Francia, in Spagna e in Sicilia. Questo pigmento era conosciuto fin dai tempi degli Egizi e fu utilizzata dai pittori veneziani e fiamminghi dal XVI secolo. Il colorante che se ne ricava fu molto usato soprattutto in epoca medievale, quando la sua diffusione portò al progressivo declino dell’uso della porpora. Basti pensare che dal XV sec., ad opera di Papa Paolo II, le vesti dei cardinali saranno tinte con la lacca di kermes.
In questo caso il principio colorante, detto acido chermesico, si estrae dalle uova che dopo la fecondazione restano adese al corpo della femmina; è necessario quindi provocarne la morte con l’uso di aceto ed essiccarle, acquisiscono così l’aspetto di piccole sfere leggere e friabili di colore scuro. Solubilizzando questi granuli in acqua si estrae l’acido chermesico, colorante che varia dai toni dell’arancio fino al color porpora, a seconda che il liquido sia acidificato o alcalinizzato.
In epoche antiche il chermes si usava spesso per dare un fondo rosso alle stoffe, che venivano poi sopratinte con vera porpora e serviva anche, con l’indaco, per fare le tinte di falsa porpora, senza usare le conchiglie, come testimoniato da Plinio il Vecchio. La tintura delle stoffe era realizzata per mezzo di mordenti che uniti all’acido davano diverse sfumature di rosso: l’allume dava un color cremisi, lo stagno un rosso scarlatto e il ferro un color porpora; ma il colore puro della cocciniglia «era di un rosso gajo, vivo, e rilucente, accostandosi al color del fuoco» (Carducci, 1771).
si tinge col tirio quello che è già tinto di scarlatto col coccum, per avere l’hysginum. Il coccum della Galazia, granelli rosseggianti […] o quello che si trova nei dintorni di Emerita in Lusitania, è nel massimo pregioPlinio IX,140
Il nome del color cremisi, quindi, deriva proprio dall’utilizzo del colorante chermes: dall’arabo qirmizī (‘prodotto da insetti’), tramite il latino medievale cremesinus o carmesinus usato per indicare la specie Kermes vermilio (appartenente agli insetti) dai quali si estrae il pigmento.
Coordinate del colore cremisi
In passato si è fatto ampio utilizzo di questi coloranti sia nel campo tessile sia nelle opere pittoriche: «Fra i Kermes ve ne sono dei coloranti e per questo richiesti in commercio e usati nelle arti» (Targioni Tozzetti, 1867). I coloranti estratti dalle cocciniglie sono oggi usati nella preparazione di prodotti cosmetici (dentifrici, rossetti) e alimentari (bibite, liquori, dolci) a basso pH grazie alla loro resistenza a luce e calore. Le industrie alimentari e cosmetiche contrassegnano il rosso cocciniglia con le sigle E120 e CI75470.
Il rosso cremisi è anche il colorante usato per l’Alchermes (o Alkermes), un liquore sciropposo di color rosso rubino composto da alcol, zucchero, scorza di arancia, acqua di rose e numerose spezie quali cannella, chiodi di garofano, vaniglia, cardamomo e anice. La sua origine, come la sua etimologia, risale agli arabi e fu da loro introdotto in Europa quando invasero la Spagna. Dopo poco arrivò in Italia e prese piede in Toscana perché ritenuto “elisir della lunga vita”; era prodotto dalle suore fiorentine dell’Ordine di Santa Maria dei Servi, fondato nel 1233. L’Alchermes ebbe molto successo soprattutto alla corte medicea di Firenze, tanto che era conosciuto come il liquore de’ Medici.
L’Alchermes era considerato un medicinale naturale dal potere alchemico-mistico: in Sicilia era utilizzato contro i “vermi da spavento” (tenie). Quando un bambino, per esempio, cadeva e si faceva male, come rimedio gli venivano somministrati uno o due cucchiai di questo liquore, a seconda del livello di spavento, che secondo i detti popolari, poteva far sviluppare i vermi nei bambini. L’Alchermes originale dell’Officina Farmaceutica di Santa Maria Novella, prodotto e commercializzato ancora oggi nella sua caratteristica bottiglia di vetro, risale al XV secolo e la ricetta è stata formulata nel 1743 da Fra’ Cosimo Bucelli, all’epoca direttore dell’Officina. L’Alkermes è stato riconosciuto prodotto tradizionale della Regione Toscana ed è usato sia come liquore da dessert sia come ingrediente nella preparazione di molti dolci.
Bibliografia
- Philip Ball, Colore. Una biografia: tra arte, storia e chimica, la bellezza e i misteri del mondo del colore, Milano, BUR Rizzoli, 2004.
- Cataldo Antonio Atenisio Carducci, Delle delizie tarantine libri IV. Opera postuma di Tommaso Niccolò d’Aquino patrizio della città di Taranto […], Napoli, Stamperia Raimondiana, 1771.
- Mauro Matteini, Arcangelo Moles, La Chimica nel Restauro. I materiali dell’arte pittorica, Firenze, Nardini, 2007.
- Gaio Plinio Secondo, Storia naturale, vol. II: Antropologia e zoologia (Libri 7-11), a cura di Alberto Borghini, Elena Giannarelli, Arnaldo Marcone e Giuliano Ranucci, Torino, Einaudi, 1983 («I Millenni»).
- Adolfo Targioni Tozzetti, Studii sulle cocciniglie, «Memorie della Società italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di storia naturale di Milano», III (1867).
- Thouin, Parmentier, Tessier, Huzard, Silvestre, Bosc, Chassiron, Chaptal, Lacroix, De Perthuis, Yvart, Décandolle, Du Tour, Nuovo corso completo di agricoltura teorica e pratica ossia Dizionario ragionato ed universale di agricoltura, vol. XX, a cura di Tondi, Gussone, Costa, Paci, Napoli, Minerva, 1830.
Immagini
- in testata: manto in seta colorato con rosso carminio appartenente a Ruggero II di Sicilia, XII sec. (da wikipedia)
- in evidenza: i colori carminio e cremisi