All’interno dell’area vulcanica dei Campi Flegrei si profila il cratere degli Astroni, che con i suoi 247 ettari rappresenta uno dei polmoni verdi della provincia di Napoli, oggi Riserva Naturale gestita dal WWF.

La storia degli Astroni si intreccia con il panorama faunistico flegreo. A partire dal nome, che potrebbe derivare da asturium, astore (Accipiter gentilis), la cui caccia era molto praticata (Mormile, 1617). Loffredo lo fa invece risalire al nome latino per indicare gli storni (Sturnus vulgaris), un tempo molto presenti nel territorio. Altre interpretazioni  hanno invece origine folcloristica e mitologica; come quella di Summonte, che lega il nome Astroni agli strioni o stregoni che, stando ad alcune credenze popolari, praticavano nel cratere i loro riti magici. De Lorenzo e Riva associano invece l’etimologia del nome a Sterope, un Ciclope che viveva in quest’area.

L’ipotesi più accreditata però è che Astroni derivi da strunis, una felce che vi cresceva spontanea, descritta anche da Plinio nella sua Naturalis Historia (Giustiniani, 1797).

La Riserva Naturale degli Astroni occupa il fondo del cratere e i versanti interni dell’omonimo edificio vulcanico, ubicato nel settore nord-occidentale della conca di Agnano, nel territorio del comune di Pozzuoli. La genesi del vulcano risale a circa 3700 anni fa, tra l’eruzione della Solfatara e quella del vulcano di Averno, secondo datazioni di tipo radiometrico.

Locus est Neapoli ad quatuor millia passuum proximus, quam vulgo Listrones vocant.Facio, 1769

L’area fu inizialmente sfruttata dai romani per le sue fonti termali; nel 1217 vi si recò anche Federico II per curarsi da una malattia. Nel sedicesimo secolo si assistette alla trasformazione in tenuta reale di caccia ad opera di Alfonso I d’Aragona, che vi introdusse cinghiali (Sus scrofa), daini (Dama dama) e cervi (Cervus elaphus), recintando il periplo con le mura che ancora oggi si conservano sul bordo del cratere. Da allora, fino agli inizi dell’800, fu gestito come riserva reale di caccia.

Cacciatori con cani corso

Cacciatori con cani corso (Caccia di Ferdinando IV nel cratere degli Astroni, Philipp Hackert, olio su tela, particolare).


 
Per un breve periodo, dal 1698 al 1739, la tenuta fu di proprietà di privati; prima fu comprata da Giuseppe Antonio De Marino, che eliminò gran parte della vegetazione arborea per disporre di terreno coltivabile, poi fu ceduta dall’erede di quest’ultimo al Collegio dei P.P. Gesuiti. Carlo III di Borbone se ne riappropriò, trovandola però in grave stato di abbandono; tra il 1749 e il 1750 furono quindi condotti importanti lavori di restauro che interessarono il muro di cinta e la vaccheria, terminati i quali il sito fu ripopolato di flora e fauna.

È celebre tal sito per le feste datevi d’Alfonso d’Aragona nel 1452 in occasione di aver maritata Eleonora sua nipote con Federico III Imperadore. D’Ancora, 1792

Fu Ferdinando II il primo ad aprirlo al pubblico, nel 1830. Con la caduta del Regno delle Due Sicilie passò ai Savoia e subì una dubbia gestione forestale, con ampi tagli e introduzione di specie arboree estranee alla flora locale. All’inizio del Novecento il nuovo sovrano Vittorio Emanuele III ritenne troppo oneroso per le casse della Casa Reale continuare a sostenere le spese per la gestione e la manutenzione della tenuta, così nel 1919 gli Astroni, assieme ai beni demaniali in uso alla Corona, passarono a far parte dell’Opera Nazionale Combattenti. L’Ente sottopose l’area ad un forte sfruttamento agricolo.

Durante la Seconda Guerra Mondiale e negli anni del dopoguerra il sito fu occupato dalle truppe alleate e dai civili che fuggivano dai bombardamenti.

Un’antilope alcina (Taurotragus orix) nel viale della tenuta

Un’antilope alcina (Taurotragus orix) nel viale della tenuta.

All’inizio degli anni ’70 la tenuta fu affittata all’Amministrazione Provinciale di Napoli che durante la gestione consentì al Giardino Zoologico l’immissione di animali esotici, soprattutto ungulati, con l’intento di realizzare un parco faunistico. L’Amministrazione ricavò grossi introiti cedendo alcune aree degli Astroni ad altre attività quali lo sfruttamento boschivo e l’allevamento di lepri e fagiani. Questa gestione sconsiderata, affiancata all’accesso incontrollato delle autovetture, portò a notevoli cambiamenti della vegetazione.

Il cratere fu chiuso in seguito al terremoto degli anni ’80 per motivi di sicurezza e passò, con l’abolizione dell’Opera Nazionale Combattenti, alla Regione Campania. Nel 1987 il Ministero dell’Ambiente promulgò una legge statale che istituì il vincolo di Riserva Naturale dello Stato degli Astroni e ne affidò la gestione al WWF, che aprì l’Oasi al pubblico nel 1992.

Mezzo miglio distante dal lago di Agnano vi sono gli Astruni; luogo delizioso da caccia Reale […]. Nel bosco vi pascolano cinghali, cervi e ogni sorta di volatili.Palatino, 1826

L’area conserva un mosaico ambientale di notevole complessità e una composizione floristica che è il risultato di un particolare fenomeno denominato inversione vegetazionale.

Tale fenomeno, imputabile alle particolari condizioni microclimatiche create dalla presenza dei tre piccoli laghi e dalla conformazione dello stesso cratere, fa si che si instaurino temperature meno elevate sul fondo, dove si hanno ristagni di aria umida e fredda, mentre spostandosi verso l’alto lungo le pendici la temperatura aumenta e l’umidità diminuisce.

Di conseguenza la disposizione delle specie arboree è invertita rispetto all’altitudine: la foresta di leccio e la macchia mediterranea, composta da erica, mirto e lentisco, si trovano in alto, sui bordi del cratere, mentre sul fondo, a pochi metri sul livello del mare, sopravvivono specie mesofile di quota più elevata, quali castagno, farnia, rovere e olmo.

La notevole diversità ambientale presente nell’Oasi ha consentito l’instaurarsi di un’altrettanto varia comunità animale.

Numerosa e diversificata la comunità ornitica, con specie boschive come il picchio rosso maggiore (Dendrocopus major ) scelto come simbolo dell’Oasi, ma anche rapaci, come il falco pellegrino che vi nidifica.

Si trovano poi svariati anfibi associati alla zona lacustre, che possono godere di un altrettanto eterogeneo gruppo di invertebrati di cui nutrirsi. Numerosi i lepidotteri, due specie dei quali esclusive degli Astroni.

La mammalofauna risente invece della limitata estensione della Riserva e della forte antropizzazione delle aree circostanti, il più delle quali adibite a vigneti; ciononostante è possibile trovare volpi (Vulpes vulpes), mustelidi e numerosi roditori.

Accanto alla fauna locale si accompagnano interventi di introduzione, come quello che ha interessato nel 1998 l’immissione nel Lago Grande della moretta tabaccata (Aythya nyroca), i cui individui possono essere osservati ancora oggi.

Nonostante il suo burrascoso passato e lo stato non ottimale in cui verte attualmente, gli Astroni rappresentano tutt’ora un importante anello di congiunzione tra la comunità partenopea e la dimensione naturalistica del territorio.
 

Bibliografia

  • Gaetano D’Ancora, Guida ragionata per le antichità e per le curiosità naturali di Pozzuoli e de’ luoghi circonvicini, Napoli, Onofrio Zambraia, 1792.
  • Giuseppe De Lorenzo e Carlo Riva, Il cratere di Astroni nei Campi Flegrei, Napoli, tipografia della Real Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche, 1902.
  • Bartolomeo Facio, De rebus gestis ad Alfonso Primo, Napoli, Joannis Gravier, 1769.
  • Lorenzo Giustiniani, Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, Volume II, Napoli, Vincenzo Manfredi, 1797.
  • Ferrante Loffredo, L’antichità di Pozzuolo et luoghi convicini, Napoli, Antonio Bulifon, 1675.
  • Giuseppe Mormile, Descrittione dell’amenissimo distretto della città di Napoli, et dell’antichità della città di Pozzuolo, Napoli, Tarquinio Longo, 1617.
  • Lorenzo Palatino, Storia di Pozzuoli e contorni, Napoli, Luigi Nobile, 1826.
  • Giovanni Antonio Summonte, Historia della città e regno di Napoli, Napoli, Raffello Gessari, 1749.

 

Immagini

  • in testata: Michael Wutky, La tenuta degli Astroni (olio su tela 50×64 – Vienna, Gemäldegaleric der Akademie der bildenden Künste).
  • in evidenza: il lago di Licola (Carta geografica N° 14 Napoli, Ischia, Procida – Giovanni Antonio Rizzi Zannoni, 1794).