Il bue e l’asino sono collocati nella grotta, simbolo del cosmo e spesso luogo in cui avvengono le iniziazioni. La grotta è elemento essenziale, ad esempio, nel culto di Mithra, che si celebrava in grotte naturali o in luoghi in cui venivano ricavati antri artificiali. La grotta è quindi una replica del cosmo, un luogo sacro e segreto, riservato agli iniziati e non accessibile ai profani.
L’asino, in molte culture tradizionali, è emblema dell’oscurità, di tendenze sataniche: in India è la cavalcatura di Nairrita, una divinità funesta, guardiano della regione dei morti; in Egitto l’asino rosso è una delle entità più pericolose che l’anima incontra nel suo viaggio dopo la morte. Nelle scritture cristiane, l’asino sembrerebbe avere una valenza positiva nel presepe e nell’episodio dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme, ma l’esoterista René Guénon osserva che, nel presepe, esso si contrappone al bue come le tendenze malefiche si contrappongono a quelle benefiche e, nell’ingresso di Cristo in Gerusalemme, interpreta il ruolo delle forze malefiche vinte dal Redentore. Il confronto tra elementi malefici e benefici si ritrova anche nella crocifissione, con l’episodio del buono e del cattivo ladrone. L’asino è anche la “bestia scarlatta” dell’Apocalisse e rappresenta l’elemento istintivo dell’uomo, la natura inferiore dell’individuo, un’esistenza che si svolge unicamente sul piano terrestre e sensuale.
Durante il Medioevo, si celebravano due feste dedicate a questo animale: la “festa dell’asino” in cui l’asino veniva fatto entrare addirittura nel coro della chiesa, ove occupava il posto d’onore e riceveva segni di venerazione, e la “festa dei folli”, «in cui il basso clero si abbandonava agli atti più sconvenienti, parodiando al tempo stesso la gerarchia ecclesiastica e la liturgia medesima. […] Questi ‘folli’ portavano d’altronde un copricapo a lunghe orecchie, manifestamente destinato a evocare l’idea di una testa d’asino]» (René Guénon, 1990).
Passando al bue, si tratta di un animale che, nei culti di molte tradizioni, è vittima sacrificale (si ricorda l’ecatombe, il sacrificio di cento buoi) e che è consacrato ad alcuni Dei: Apollo, ad esempio, aveva i suoi buoi che gli furono rubati da Ermes. In tutta l’Africa il bue è un animale sacro che si offre in sacrificio, connesso ai riti dell’aratura e della fecondazione della terra. Inoltre, come si può facilmente notare, il bue che apre il solco nella terra non è più sacrificato, ma sacrificatore e diviene, in questo modo, anche simbolo del sacerdote, cioè di colui che compie atti sacri in un culto. Il bue è, per certi versi, analogo al toro, il quale era considerato principio generatore: in Egitto, il bue Apis era il simbolo della fertilità e della fecondità e il toro fu anche un animale totemico per i popoli italici di lingua osca che scendevano lungo le dorsali appenniniche nel rituale del Ver Sacrum.
Il discorso su questa coppia simbolica è legato a significati iniziatici ed esoterici: quando l’uomo inizia a compiere un lavoro su di sé entra in conflitto con la sua sensualità, cioè con l’elemento istintivo del suo essere. L’iniziato è colui che riesce a dominare questa energia, ma non la reprime, generando, in sé, una nuova forma di esistenza. I due animali, soffiando sul Bambino, lo scaldano con il loro soffio vitale. Le energie di questi due animali sono quindi vitali e non entrano in conflitto tra di loro, ma bisogna continuamente dominarle per percorrere un cammino iniziatico. Non è casuale che si trovino, infatti, proprio nella scena della Natalità, quindi all’inizio di una nuova Vita.
Bibliografia
- Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 1986.
- René Guénon, Simboli della Scienza sacra, Milano, Adelphi, 1990 («gli Adelphi», 16).
Immagini
- in testata: particolare della Natività di Giotto (Basilica inferiore di Assisi)
- in evidenza: particolare dell’Adorazione dei pastori di Domenico Ghirlandaio(1480 – Firenze, Santa Trinita).