Il toro: bestia altera dall’impeto indomabile
«Bestia altera dall’impeto indomabile» (Teogonia, 832), simbolo di forza e vigore per tutte le culture più antiche, il toro si ritrova anche alle origini della nostra civiltà: è sotto le sembianze di un toro bianco che Zeus rapisce Europa, figlia di Agenore, re di Tiro. Il toro, dall’aspetto vigoroso e pesante, è anche caratterizzato da un’abbondante massa ventrale. La sua forma, sviluppandosi principalmente in orizzontale, gli conferisce caratteristiche molto femminili, non a caso il segno zodiacale del Toro (21 aprile-20 marzo), è governato da Venere e nella cultura matrifocale dell’Europa Antica, il bucranio era ritenuto l’organo riproduttivo femminile, laddove il muso simboleggiava l’utero e le corna le ovaie. A causa delle sue corna possenti e della sua massa cranica robusta e solida, simboleggia anche la forza istintiva e selvaggia. È un’impresa ardua domare la sua foga: ci riesce soltanto la divinità indù Shiva quando cavalca il toro bianco Nandȋ e tramuta il suo impeto disordinato in ordine cosmico. L’impetuosità e la forza quasi incontenibile di questo animale sono utilizzate da tutti i popoli per simboleggiare la virilità del maschio e la sua infaticabile fertilità.
Il toro è venerato da innumerevoli popoli, ora come simbolo di forza, ora come simbolo di fecondità. Il suo muggito è associato al tuono tanto che in Asia centrale, Mongolia, Siberia e tra gli Yakuti si crede che vi sia un toro che riposa sul fondo delle acque e che il suo muggito preceda ogni temporale (Chevalier e Gheerbrant, 2016). Il toro è simbolo della divinità ebraica El che, sotto forma di statuetta bronzea, è apposta sulla sommità di un bastone. Rappresenta nelle religioni mediterranee, gli Dei celesti come Urano, divinità fecondatrice e sposo di Gea. Di molte divinità celesti dai tratti taurini, non si venera tanto il carattere trascendentale quanto la potenza fecondatrice. Rudra del Rig Veda, divinità celeste che fertilizza i campi con il suo seme, è rappresentato da un toro, così come Indra, Dio vedico e signore dei fulmini e delle piogge. Dunque, non è raro assistere all’evoluzione delle divinità celesti in divinità fecondatrici, raffigurate come possenti tori, e caratterizzate dalla ierogamia con la Madre Terra. Questo stretto legame Toro-cielo-Madre Terra è presto spiegato: nel cielo, luogo dove “muggisce” il tuono, risiede la divinità fecondatrice, dai tratti taurini e virili, il cui “seme”, la pioggia, cade e feconda la terra. Assistiamo alla metamorfosi della divinità celeste da deus otiosus, chiuso nella sua perfezione e non partecipe della vita terrena, a deus pluvius: le divinità cosmogoniche abbandonano la funzione generatrice dell’universo per trasformarsi in divinità fecondatrici strettamente legate alla figura di una divinità femminile (Eliade, 2007). Altrettanto forte è il legame che si instaura con la Luna, elemento che regola il dominio delle acque. Il sistema simbolico Luna-Acqua-Terra riguarda l’ambito della fecondità. La figura del toro spesso è associata alle divinità lunari: le corna taurine rappresentano per molti popoli la falce lunare: è di nuovo il caso di Shiva, che porta sul capo un corno perfetto, ierofania della Luna. L’associazione Toro-Luna si nota in molte altre civiltà antiche: la divinità lunare egizia Osiride è raffigurata sotto forma di toro; presso i Persiani, la luna è chiamata Gaocithra, cioè conservatore del seme del toro; anche Venere, dea della fertilità, di notte si trova nel segno del Toro, con la luna in esaltazione (Chevalier e Gheerbrant, 2016).
L’evocazione di virilità che risiede nel Toro, lo porta a riconoscersi anche nel Sole, infatti il toro è associato a Mithra, divinità solare di origine iranica, il cui culto prevede che ogni 25 dicembre si celebri la rinascita del Sole (Natalis Solis) proprio sacrificando un toro.
Alla luce di questa nuova simbologia, ecco che il toro è portatore di significati apparentemente antitetici, ma in realtà complementari. È un animale lunare poiché legato ai riti della fecondità ed è un animale solare per il suo temperamento focoso. Ricordiamo il Minotauro, nato dall’unione di Pasifae (Luna) con un bellissimo toro e messo a guardia di un labirinto. Ogni otto anni, il re Minosse donava in sacrificio sette fanciulli e sette fanciulle, probabilmente per rinnovare, con il favore di Zeus, il proprio dominio sulla città di Creta. Secondo alcune versioni, questi giovani vergini erano destinati al temibile mostro, secondo altre, erano offerti a Talos, gigante di bronzo posto a guardia della città, a volte descritto con le sembianze di un toro e altre con quelle del sole (Frazer, 1973).
Sempre a Creta, attorno alla figura del toro gravita uno sport spettacolare definito taurocatapsia: una sorta di danza acrobatica ricca di capriole eseguite sul dorso di un toro. I giovani cretesi si esibivano nelle arene minoiche in prove di destrezza e abilità fisica misurandosi contro l’indomita bestia. Questa pratica, esercitata nel 3000-1500 a.C. era probabilmente un rituale per omaggiare il possente animale. Ben diversa è la tauromachia, la lotta uomo-toro, di cui si parlerà in altra sede. È bene, però, iniziare a precisare che questo tipo di lotta non è circoscritto alla sola Grecia antica: non è da escludere che la corrida, simbolo nazionale spagnolo, possa essere legata alla tauromachia ellenica. È anche plausibile che questi spettacoli non fossero semplici sport popolari ma un antico retaggio del culto neolitico della Dea Madre, legato al periodo della cultura matrifocale, praticato sia nella penisola iberica che nella regione mediterranea. Del resto, già Sinclair Hood, in un libro uscito in edizione originale nel 1971, collegava la lotta uomo-toro a dei rituali della fertilità, per la nota valenza del toro in quell’ambito.
Ciò che risalta in questi sport è che, come per l’efebia della Grecia Classica, vi è la glorificazione dell’eccellenza atletica, manifestata in imprese di cui gli Dei stessi erano testimoni.
Nella zona di Napoli, culla di civiltà e omphalos di storia, cultura e riti iniziatici, i giovani efebi, per giungere all’età adulta, dovevano superare una serie di prove in onore di Ebone, nume partenopeo dal corpo taurino e dal volto antropomorfo e barbuto. Il culto del dio-toro era una pratica segreta e misteriosa, destinata esclusivamente ai sacerdoti del dio, impegnati in una sorta di tirocinio dei giovani chiamato dai Greci “efebia”. Quest’ultima consisteva nell’educazione militare dei giovani liberi, a partire dai 18 anni di età, unita ad un’istruzione letteraria e musicale, perfettamente inserite nella sfera religiosa e integrate con l’interesse agonale. Il culto di Ebone era presieduto da un collegio di sacerdoti: alcuni membri rivestivano la carica di laucelarchi, ruolo probabilmente comparabile a quello dei demarchi che, secondo Capasso (1905), erano riconducibili a figure devote a Dioniso.
Ebone è raffigurato nel gruppo scultoreo della Partenope, posizionato sulla facciata principale del Real Teatro di San Carlo, eppure, secondo il grecista Martorelli, il toro androprosopo e la stessa dea Partenope potrebbero essere le divinità meno autoctone. Il culto di Ebone potrebbe essere di origine fenicia, importato a Napoli dai coloni d’oriente, mentre la divinità fondatrice della città presenta alcuni interessanti punti in comune con Lilith Partenope e, ancor di più, con la dea Tanit, rispettivamente presenti nell’antica mitologia mesopotamica e in quella cartaginese.
Sembrerebbe, inoltre, che Ebone sia stato una divinità privilegiata. Capuccio, in Storia di Napoli, riporta un’iscrizione greca che omaggiava il nume Ebone con l’epiteto di eccellentissimo: НВОΝІ ΕΠΙΦΑΝΕΣΤΑΤΩ ΘΕΩ (Ebone, dio eccellentissimo, o dal magnifico fulgore). Tale superlativo era, solitamente, riservato solo a divinità quali Zeus, il Sole, la Luna, Asclepio e la Buona Salute (Napolitano, 1978). Secondo diversi studiosi, tra cui Capasso, Ebone potrebbe essere la raffigurazione di Bacco (o Dioniso), figlio di Zeus e di Semele, spesso raffigurato come toro. Bacco, Dio dell’ebbrezza, del fervore, degli eccessi, rappresenta la congiunzione tra il mondo divino e quello terreno. Non è un caso che tra le vittime sacrificali immolate al Dio vi sia un animale prolifico come il toro: Bacco, infatti, è anche Dio della vita e della vegetazione, signore della fecondità umana e animale.
Anche Ebone, nonostante la folta barba, potrebbe identificarsi come dio della gioventù e, con molta cautela, si potrebbe ipotizzare che il nome di Ebone sia il corrispettivo maschile di Ebe, dea della giovinezza, spesso associata a Dioniso. In effetti, dal nome della dea deriva il termine “efebo” che traccia un collegamento con la succitata pratica greca dell’efebia.
Ebone è raffigurato sul retro di una moneta campana, la zecca di Cales, spesso sovrastato da un astro o in procinto di essere incoronato dalla dea alata Vittoria (Ruotolo, 2010). Questo astro, molto probabilmente il Sole, spinge a riflettere ancor di più sulla possibile identificazione di Ebone con Bacco. Del resto, l’espressione “lucido astro” (fosfòros astèr) venne già usata da Aristofane per identificare il Dio dell’ebbrezza. Dunque, è verosimile che il Sole sul dorso del toro androprosopo non sia stato aggiunto come ornamento ma come riferimento manifesto a Bacco.
Ciò che emerge senza alcun dubbio è la continua associazione tra la figura del toro e il simbolo del Sole. Questo ci spinge a riflettere, ancora, sulla simbologia del toro come garante di immortalità e potenza biologica. A tal proposito, si è già potuto constatare quanto l’animale sia sacro a numerose divinità uraniche e che molti riti, incentrati sulla morte e la resurrezione a nuova vita, sono incentrati su questo animale e, in particolare, ruotano attorno al taurobolo. Oltre al già citato culto di Mithra, a Roma, anche Attis, Dio della vegetazione, muore e rinasce periodicamente. La sua celebrazione avviene in primavera e, non a caso, attraverso l’uccisione di un toro, animale terrestre strettamente legato ai pascoli, capace di lavare via, con il suo sangue, ogni peccato terreno. I testicoli del toro hanno un’importante funzione nel rituale, poiché il seme, ivi contenuto, è in grado di donare fertilità e promuovere le nascite.
Ma oltre ad essere un animale uranico, il toro è anche ctonio: è epifania del cielo o della terra. In quasi tutta l’Asia il toro nero è connesso al mondo dei morti. I Tatari dell’Altai, ad esempio, sacrificano tori e vacche al Dio degli inferi, sovente rappresentato in groppa ad un toro nero, che cavalca al rovescio, brandendo un’ascia a forma di luna.
La potenza uranica si manifesta in pieno nel “fratello intero” del bue proprio nel momento in cui il toro si contrappone al “pio bove” (Levi, 1984). Il bue, simbolo di lentezza, grossezza, tranquillità, è ugualmente legato ai campi e ai culti agrari. Ma nel bue, la soppressione del potere fecondatore e incontrollato fa risaltare, per contrasto, la sessualità libera ed indomita del toro: la castità mette in luce l’importanza della sessualità. Proprio così, manifestandosi o negandosi del tutto, il principio attivo uranico esprime, nel toro, la sua forza in maniera assoluta: libero feconda, represso non genera vita.
Bibliografia
- Aristofane, Rane, 343
- Capasso Bartolomeo, Napoli greco-romana, Napoli, Società napoletana di storia patria, 1905.
- Chevalier Jean e Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli. Miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, Milano, BUR Rizzoli, 2016.
- Eliade Mircea, Trattato di storia delle religioni, Torino, Bollati Boringhieri, 2007.
- Frazer James, Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione, Torino, Bollati Boringhieri, 1973.
- Hood Sinclair, La civiltà di Creta, Roma, Newton Compton, 1981.
- Levi Primo, Ad ora incerta, Milano, Garzanti, 1984.
- Napolitano Felicia, Napoli e il culto del dio Ebone, Antiqua, Anno III, n. 9, 1978.
- Pozzoli Giovanni, Dizionario storico-mitologico di tutti i popoli del mondo, vol. II, Milano, Batelli e Fanfani, 1820.
- Ruotolo Giuseppe, Corpus nummorum Rubastinorum, Bari, Edipuglia, 2010.
Sitografia
- Città di Bojano: uno stemma antistorico per la capitale dei Sanniti-Pentri.
- La corrida dei tori come corruzione del culto alla Dea Madre preistorica
Immagini
- in testata: Toro Farnese (Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Inv6002 n02).
- in evidenza: Europa sul toro salutata dalle compagne (affresco 20-25 d.C. ca., Pompei, Casa di Giasone – Museo Archeologico Nazionale di Napoli).